Sono culti che si diffondono tra la fine dell’Ottocento e la Seconda Guerra Mondiale in Melanesia, quando le popolazioni del luogo vengono in contatto con le potenze del Terzo Colonialismo prima, e con il contingente Giapponese e Americano poi.
Gli elementi fondanti di questi culti, infatti, sono: 1) l’incontro tra una civiltà avanzata e una, fino a quel momento semi-isolata, che non conosce la tecnologia moderna; 2) un’improvvisa apparizione di beni materiali, fino ad allora sconosciuti presso questa seconda civiltà; 3) personalità carismatiche del luogo che forniscono ai loro conterranei un’interpretazione mistica di questa singolare combinazione di eventi.
Tipicamente queste popolazioni sono portate a credere che tali beni (vestiti, cibo in scatola, tende da campeggio, torce elettriche, radio) letteralmente piovuti dal cielo sulle loro isole, ma ai quali non hanno accesso diretto, perché utilizzati dai visitatori, fossero inizialmente destinati a loro per volere degli dèi. Il fatto che non siano al momento nella loro disponibilità si spiegherebbe con la furbizia dei forestieri, che le avrebbero intercettate, prendendone temporaneamente il controllo.
Le manifestazioni più eclatanti di tali culti emergono però sistematicamente quando i visitatori abbandonano quei luoghi portando via la maggior parte dei beni ostentati e desiderati dalla civiltà autoctona (come il ritiro del contingente americano da quelle isole scelte come basi logistiche per le operazioni nel Pacifico alla fine della Seconda Guerra Mondiale).
In quel momento emergono figure carismatiche locali che si ergono a profeti e canalizzano questi bisogni di oggetti materiali rimasti insoddisfatti.
Tipicamente questi capi-spirituali predicono il ritorno delle risorse in un futuro non meglio specificato e, questa volta, per loro esclusiva fruizione. Nell’attesa che l’evento si verifichi, tengono impegnati i fedeli con riti che riproducono attività viste compiere agli stranieri, nella convinzione che potranno propiziare un ritorno dei cargo. Così i nativi organizzano marce e parate militari in cui indossano uniformi da loro create per somigliare ai militari americani (o si dipingono i gradi militari sulla pelle), brandiscono bastoni di legno che dovrebbero rappresentare i fucili che hanno visto questi ultimi imbracciare.
Parallelamente, ci si tiene pronti ad accogliere nuove spedizioni mantenendo pulite le piste di atterraggio di giorno e illuminandole con torce di notte. Vengono anche costruite torri di controllo all’interno delle quali i figuranti indossano cuffie di legno da loro create e mimano non meglio precisate attività di coordinamento.
Non è tuttora chiaro se questi capi spirituali fossero sinceri o si siano avvantaggiati delle circostanze per accrescere il proprio prestigio personale.
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Lo studio di questi culti ha affascinato un gran numero di studiosi e ha travalicato i confini dell’antropologia, tanto che il termine “Cargo Cult Programming” si definisce la pratica, in ambito di programmazione software, di utilizzare frammenti di codice preso da altre fonti e copiarli senza averne compreso il significato e senza la certezza che porti beneficio al nuovo programma che si sta scrivendo.