Tra le utopie partorite dalla spinta ideale degli anni ’60 merita una menzione speciale la “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose” (in esperanto Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj).
L’Isola delle Rose fu una micro-nazione (un’entità creata da una persona, o da un piccolo numero di persone, che si considera nazione o stato indipendente, ma che non è riconosciuta dai governi e dalle maggiori organizzazioni internazionali) i cui confini erano quelli di una piattaforma di 400 mq, eretta in acque internazionali al largo della costa adriatica Riminese. La sua storia ufficiale durò lo spazio di 55 giorni, dalla proclamazione di Indipendenza del 1 Maggio 1968 al giorno in cui lo Stato Italiano prese di fatto possesso della piattaforma, istituendo un blocco navale che, da quel momento, impedì a chiunque di attraccare o di salpare. Quest’ultimo particolare comportò che le uniche due persone residenti sulla piattaforma al momento della sua requisizione non potessero tornare sulla terra ferma per due settimane, sino a quando le autorità consentirono loro di sbarcare a Rimini.
Sebbene la sua pretesa di sovranità sia durata meno di due mesi, la storia dell’Isola delle Rose comincia molto prima, nel 1958, quando il geniale ingegnere bolognese Giorgio Rosa, spinto inizialmente dal semplice desiderio di realizzare un’architettura inedita, che non dovesse sottostare ai dettami e alle lungaggini della burocrazia italiana, cominciò a trasportare in mare i tubi d’acciaio che, una volta saldati fino a diventare 9 pali di circa 50 metri l’uno e piantati nel fondale marino per 40 metri, costituirono le fondamenta della piattaforma. I lavori durarono quasi dieci anni, stante la scarsità di mezzi, le difficoltà logistiche e l’opera di dissuasione della Capitaneria di Porto, che intimò a più riprese di sospendere i lavori. Nel 1967 fu gettata sopra i pali, a 8 metri sopra il livello del mare, una piattaforma di calcestruzzo armato di 20 metri per 20, che costituì il primo piano di una struttura che da progetto ne prevedeva cinque (ma di cui solo due vedranno la luce). Nell’Agosto dello stesso anno la piattaforma, dotata di area per lo sbarco dei battelli e scale per raggiungere i piani, aprì al pubblico.
All’atto della dichiarazione d’indipendenza, avvenuta circa 9 mesi dopo l’apertura al pubblico, la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose si dotò di un proprio ordinamento (un presidente e 6 dipartimenti), di un proprio stemma (tre rose rosse disegnate su uno scudo sannitico bianco), di una propria bandiera (arancione con al centro il suddetto stemma), di un proprio inno (Timoniere! Smonta di guardia! celebre aria del terzo atto de “L’olandese volante” di Wagner), e naturalmente di una propria lingua: l’esperanto. La Repubblica istituì anche una valuta, le cui monete e banconote però non vennero mai coniate, e stampò 5 emissioni di francobolli.
Nella primavera del 1968 l’Isola fu interessata da un notevole traffico turistico. La circostanza cominciò ad attirare l’attenzione ai più alti livelli delle autorità italiane la cui preoccupazione era che si creassero precedenti di entità limitrofe allo Stato, ma gestite da italiani e rivolte a consumatori italiani che generassero reddito esentasse e, potenzialmente, anche una sorta di contrabbando legalizzato di merci. Simultaneamente, tra la gente si diffusero anche leggende quali quella che la piattaforma ospitasse una casa di appuntamenti e qualcuno, in delirio da guerra fredda, arrivò finanche ad ipotizzare che essa potesse fungere da avamposto per lo stazionamento di sottomarini sovietici.
Fu così che il 25 giugno 1968, il mattino successivo ad una conferenza stampa in cui fu annunciata al mondo la sua Indipendenza, la breve storia della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose si concluse con l’intervento di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza che la circondarono e ne presero possesso.
Da quel momento fino all’11 Febbraio 1969 cominciò una battaglia legale e una campagna di stampa che vide esprimersi con pareri discordanti anche alte personalità, ma che si concluse inevitabilmente davanti ai 675kg di esplosivo con cui il Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare minò i pali della piattaforma allo scopo di farla implodere. La struttura tuttavia, a riprova della sua eccellenza ingegneristica, resistette alla carica e solo quando ne fu applicata una seconda mostrò segni di deformazione, senza tuttavia dare a suoi detrattori la soddisfazione di inabissarsi. Fu una burrasca due settimane dopo a farla inghiottire dal mare.
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Due su sei dipartimenti del Governo della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose erano affidati a donne. Il Governo della Repubblica Italiana, presieduto da Leone ed entrato in carica il giorno precedente alla requisizione della piattaforma, era formato da 18 Ministri, tutti uomini.
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L’Ing. Lombi, a cui l’organo giudiziario competente affidò una perizia tecnica sulla struttura, rilevò che per i metodi all’avanguardia e la resilienza dei materiali con cui era stata costruita la piattaforma avrebbe potuto reggere il peso di 50 piani.
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L’imprenditore Peter Thiel, tra le altre cose co-fondatore di Paypal e noto pensatore libertario, nel 2009 è diventato finanziatore del Seasteading Institute. La missione dell’istituto è quella di promuovere la costruzione di isole artificiali galleggianti, collocate in acque oceaniche ad oltre 200 miglia marine dalle coste, per ospitare colonie di persone che vogliano condurre una vita alternativa e al di fuori dell’influenza dei governi.