Tra i progetti di ingegneria spaziale non ancora realizzati, uno dei più affascinanti è certamente l’ascensore spaziale*. Affascinante perché l’idea è relativamente semplice, ma al contempo rivoluzionaria, perché ridurrebbe i costi delle missioni di trasporto di materiali e sistemi nello spazio di 50 volte (rispetto a quelli odierni basati sulla propulsione a razzo).
L’ascensore spaziale, teorizzato per la prima volta dallo scienziato russo Ciolkovskij (padre indiscusso della missilistica), consiste degli stessi elementi di un ascensore normale: un cavo, un contrappeso e una cabina. Diversamente da un ascensore normale, però, il cavo dovrebbe essere lungo almeno 36.000 km, il contrappeso trovarsi all’estremità superiore del cavo (l’altra estremità ancorata a terra) e la cabina non essere trainata dal cavo, ma scorrere lungo esso. In pratica, il contrappeso, situato oltre l’orbita geostazionaria (1), farebbe sì che il cavo rimanga naturalmente teso poiché, a quella altitudine la forza centrifuga è superiore alla forza di gravità. Perché ciò sia vero, però, il cavo dovrebbe essere ancorato sulla linea dell’Equatore, cosa che gli assicurerebbe la maggior forza centrifuga possibile. La velocità angolare raggiunta alla sommità del cavo consentirebbe ai carichi di sfuggire all’attrazione terrestre ed essere “fiondati” fino a Saturno con un dispendio di energia costituito solo da quantitativo necessario per far arrampicare la cabina sul cavo.
Se da un punto di vista concettuale i fondamenti di questa tecnologia sono ben definiti e condivisi da tutti gli ingegneri spaziali più eminenti, il progetto è tuttora fermo alla fase di studio di fattibilità per diversi motivi, quasi tutti superabili, tranne uno: il materiale del cavo. Allo stato attuale non esiste un materiale che garantisca una resistenza alla trazione sufficientemente elevata. Perché l’ascensore sia in sicurezza, servirebbe un cavo in grado di resistere ad una trazione di più di 100 GPa (gigapascal). Per fare un esempio, i cavi in acciaio che vediamo impiegati in molte strutture civili hanno una resistenza di 1GPa. Il kevlar (il materiale con cui si fanno i giubbetti antiproiettile) ha una resistenza di 5GPa. Gli unici materiali che, a livello teorico, raggiungono quelle prestazioni sono i nanotubi di carbonio. Il problema è che un solo atomo fuori posto in una struttura di nanotubi di migliaia di chilometri farebbe scendere la resistenza a 50GPa, con esiti catastrofici. E dal momento che, ad oggi, non è possibile produrre nanotubi di carbonio senza la minima imperfezione, l’ascensore spaziale dovrà attendere…
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Ciolkovskij pubblicò il trattato “L’esplorazione dello spazio cosmico per mezzo di motori a reazione” nel 1903. L’opera veniva ancora studiata dagli scienziati americani dediti al programma spaziale nel decennio 1950-1960.
(1) orbita circolare ad un’altitudine tale per cui un satellite compie la rivoluzione in un giorno, apparendo quindi fermo rispetto ad un osservatore sulla Terra.
*Questo articolo, come tutto ciò che viene pubblicato su amorvacui.it, non ha alcuna pretesa di divulgazione scientifica, ma solo l’obiettivo di fornire, attraverso semplificazioni strumentali, un invito alla riflessione e all’approfondimento presso fonti che abbiano, al contrario, piena dignità scientifica.