Tessuti d’altri tempi: il Bisso

Il bisso è un tessuto che si ottiene dalla lavorazione dei filamenti secreti dalla Pinna Nobilis, una bivalve endemica del Mar Mediterraneo, che può raggiungere dimensioni superiori al metro di lunghezza.

Tali filamenti servono all’organismo per ancorarsi ai fondali marini, ma la loro consistenza, simile a quella dei fili di seta, e il loro colore dorato, ne hanno fatto sin da tempi antichissimi una materia prima molto ambita per la tessitura di capi destinati alla nobiltà e ai porporati.

La produzione artigianale è stata interrotta all’inizio del Ventesimo Secolo perché inevitabilmente caratterizzata da eccessiva intensità di manodopera, nonché per la scarsità di materia prima. Infatti, per ottenere un chilogrammo di bisso grezzo, e riuscire quindi a filare duecento grammi di seta di bisso, occorrono circa mille conchiglie.

Il processo di lavorazione si articola a grandi linee in sette fasi: Raccolta, Dissalatura, Prima Asciugatura, Ammollo, Seconda Asciugatura, Cardatura e Filatura a mano da eseguire rigorosamente con il solo ausilio delle unghie.

Gli ultimi maestri della lavorazione del Bisso rimasti in Italia si trovano nell’isola di Sant’Antioco e in Puglia, a Taranto.

Si dice che la conoscenza di questa arte venga tramandata di maestro in allievo dalla notte dei tempi e formalizzata in un giuramento che vieta l’utilizzo degli insegnamenti a fini di arricchimento personale.

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Attualmente la fibra animale commerciabile più esclusiva al mondo è la Vicuña. I suoi tessuti, ricavati dalla tosatura degli omonimi camelidi andini, ai tempi degli Inca poteva essere indossati solo da membri della famiglia reale. Il diametro medio di una fibra di Vicuña è pari a dodici / tredici micron, caratteristica che la rende la fibra più fine al mondo (il cashmere in media è quindici micron).

 

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