L’unità di misura standard del tempo adottata dal Sistema Internazionale è il secondo.
Storicamente il secondo viene calcolato come una frazione di giorno solare medio (tempo che intercorre mediamente tra due passaggi del Sole sullo stesso meridiano).
Tuttavia, con l’introduzione degli orologi atomici che, a partire dal 1967, hanno cominciato a misurare il tempo con un’accuratezza al miliardesimo di secondo, si è presentato un problema: il tempo misurato dagli orologi atomici è troppo preciso rispetto al tempo basato sulla rotazione terrestre. Quest’ultima infatti non è costante(1).
Per porre rimedio a questo problema nel 1972 è stato universalmente deciso di introdurre, in media ogni 18 mesi, il “secondo intercalare”, un secondo che viene manualmente aggiunto agli orologi atomici per mantenerli in sincronia con la rotazione terrestre.
La soluzione, che è sembrata un buon compromesso per diversi anni, si sta ora dimostrando inadeguata nell’era digitale in cui in un secondo avvengono miliardi di scambi di informazioni. Ogni volta che si compie questo aggiustamento manuale degli orologi atomici, che dettano il tempo a tutti i computer del mondo, transazioni bancarie, e-mail, chat, posizionamento degli aerei sui radar vengono esposti ad errori o ritardi potenzialmente fatali.
D’altro canto abolire il “secondo intercalare” produrrebbe ogni 100 anni l’effetto di far rimanere gli orologi atomici indietro di 15 secondi rispetto alla rotazione della terra, con ricadute indesiderate ancora peggiori.
Il dibattito scientifico resta aperto e chissà che non siano i giganti di internet le cui attività sono grandemente impattate da questo tema a proporre una soluzione definitiva.
(nella foto il NIST-f1, l’orologio atomico ufficiale degli Stati Uniti).
(1) Accelera in prossimità dell’afelio, rallenta in prossimità del perielio